Relazione di Angela Mele alla Giornata di Studio CE.S.GRAF.  - Napoli  7 maggio 2011

“Omaggio a tutte le Madri” 

“DONNA DEL PARADISO…LO TUO FIGLIOLO È PRISO”

(Jacopone da Todi -  Il Pianto della Madonna)

Nel corso della Giornata di Studio, Vincenzo Faiello nella sua emozionante relazione "Madri e madri, figli e figlie di se stesse" ha proposto, attraverso la presentazione di suggestive immagini, una chiave di lettura della figura della Madre di tutti, la Madonna, impregnata del profondo significato dei messaggi simbolici degli archetipi fino alla devozione di Maria venerata nella sua sacralità.

Il mio intervento, che vuole fare da contrappunto, ha invece l’intento di rappresentare Maria come una madre terrena così come viene raffigurata nella laude di Jacopone da Todi “Il pianto della Madonna” in cui Maria appare nella dolente umanità di una qualsiasi madre, straziata dal dolore nel vedere il figlio soffrire atrocemente e morire. Nei semplici commoventi versi di Jacopone Maria appare dunque più che come “donna del Paradiso” come una madre disperata e straziata.

Accompagnerò i toccanti versi della laude con la presentazione di immagini e poiché questo incontro, pur non essendo circoscritto alla sola grafologia, non può comunque esserne avulso in quanto diretto a grafologi, presenterò nel contempo alcune scritture di madri che possono in qualche modo riflettere i sentimenti umani che Jacopone da Todi ha attribuito a Maria. Si trattava di trovare immagini e scritture di madri che potessero evocare lo strazio della Madonna in tutti i suoi passaggi e non è stato facile trovarne, per cui non ne presenterò molte, ma spero ugualmente di riuscire a dare un significato anche visivo alle mie parole.

Ho compiuto questo accostamento Madonna e madri terrene non senza timore, con il rischio che potesse sembrare dissacrante presentare immagini e scritture di madri che in qualche modo potessero evocare la passione della Madonna e nel contempo la sua difesa per poter reggere all’immenso dolore nell’assistere alla cruenta morte del figlio ma, ad una lettura realistica e se vogliamo irriverentemente psicanalitica della laude,  Maria, per poter sopportare il suo strazio,  è ricorsa ad “umani” meccanismi di difesa proprio come una qualsiasi madre.

È stata, la mia, una relazione audace ed emotivamente coinvolgente e mi è stato di conforto il commento di una della partecipanti che, commossa, si è espressa con questa parole “relazione interessante dal punto di vista umano, letterario e grafologico: cogliere i meccanismi di difesa è una delle competenze più raffinate di un grafologo”. E quindi: grazie Simona! 

Scrive Gianni Colzani, teologo, professore universitario incaricato presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum: “Maria è una persona concreta, una donna con i suoi progetti ed i suoi sentimenti, non un’idea [1]; rappresenterò quindi la Madonna come una qualsiasi persona umana che, di fronte all’’atrocità di un immenso dolore, viene assalita da tutta una gamma di sentimenti:  sgomento, incredulità, invocazione d’aiuto prima a Maddalena, poi a Pilato, infine alla folla per implorare la salvezza del figlio, disperazione, desiderio di morire lei stessa insieme al figlio, coraggio e forza d’animo nel volerlo vedere con i suoi occhi insanguinato e martoriato e tenerlo tra le braccia,  fino all’accettazione del suo dolore accogliendo come nuovo figlio l’apostolo Giovanni. 

Ripercorrendo i versi di Jacopone, Maria è dapprima incredula di fronte al dolore della notizia della cattura del figlio, invoca aiuto, poi si identifica al figlio “sentito aggio ‘l coltello” per morire con lui “che morto ha figlio e mate” e infine, attuando uno spostamento di amore dal figlio verso l’apostolo Giovanni, accoglie quest’ultimo come “figlio novello”, sublimando la sua sofferenza. Emerge così, attraverso la descrizione di questi passaggi di stati d’animo, tutta l’umanità di una madre che, per poter tollerare tanto dolore, ricorre all’ausilio di meccanismi di difesa (negazione, introiezione, identificazione, spostamento, sublimazione) che possano renderle accettabile una sofferenza altrimenti insopportabile. 

Fatta questa premessa scorreranno  le immagini tratte da vari siti web tra cui quelli dedicati ad Anna Magnani nel film “Mamma Roma”, partendo dalla seguente che illustra la fisicità del legame tra Maria e  figlio, e la prossima che illustra come Maria evochi il simbolo della Trinità dandone un’immagine terrena “figlio, padre e marito”,  trasferendo il dogma dello Spirito Santo in una dimensione quotidiana e familiare

FISICITÀ DEL LEGAME MADRE E FIGLIO

AMBEDUE TERRENI

Maria è una persona concreta, una donna con i suoi progetti

ed i suoi sentimenti, non un'idea (Gianni Colzani) 

 

FIGLIO PADRE E MARITO
Ad una lettura religiosa si evoca il mistero della Trinità

trasferito nella dimensione terrena
(figlio, pate e marito)

Figlio, che m'agio anvito,

figlio, pate e marito, figlio,

chi t'ha ferito ? figlio, chi

t'ha spogliato ?

Maria come madre terrena anche quando evoca il simbolo della Trinità: Padre Figlio e Spirito Santo in una dimensione quotidiana e familiare

Non potendo recitare tutto il Pianto della Madonna, ne citerò solo alcuni versi. La laude incomincia con la notizia della cattura di Gesù da parte del Nunzio:
“Donna del paradiso, donna del paradiso lo tuo figliolo è priso, Jesu Cristo beato. Accurre, donna, e vide che la gente l'allide! credo che 'llo s'occide, tanto l'on flagellato”.

I versi che seguono rappresentano lo sgomento e l’incredulità di Maria che non può accettare questa terribile notizia e si appella, come qualsiasi altra persona di fronte all’atrocità di un dolore insostenibile, al meccanismo di difesa della Negazione: “Come essere porria che non fe’mai follia, Cristo la speme mia,  om’l’avesse pigliato?”

SGOMENTO e NEGAZIONE

Como esser porrìa che non fe’ mai follia, Cristo, la speme mia, om' l'avesse pigliato ?


Come accennato, anche se non è stato facile trovare scritture di madri che potessero essere accostate nella loro sofferenza alla sofferenza della Madonna, cercherò comunque di illustrare qualche caso di madri che hanno attraversato grandi dolori e hanno cercato di lenirli facendo appello a meccanismi di difesa.

Benché sia molto difficile reperire i segni grafologici dei meccanismi di difesa nelle scritture e questi si possano piuttosto dedurre a posteriori conoscendo la storia di vita della persona, possiamo trovare nella scrittura precedente di una madre con figlio afflitto da  una grave malattia  abbandonata dal marito e con scarsi mezzi di sostentamento, la capacità di resistere alla sofferenza appoggiandosi al meccanismo di difesa della negazione. 

Conoscendo il dramma di questa donna, possiamo riscontrare nel rovesciamento della sua scrittura un indice di protezione e di riparo; nel forte grado di tensione e angolosità una forma di resistenza;  nelle barre del “t” regressive,  in aria non collegate all’asta, un suo intimo moto di allontanamento dalla realtà e dal presente.

Sono significative le ultime parole della sua lettera, fino ad allora di tono leggero: “ogni giorno viene  la sera e non è molto bella” 

Nei versi seguenti Maria chiede aiuto con parole toccanti : “Succurri Maddalena” ... e con accenti semplici e accorati supplica Pilato “o Pilato, non fare lo figlio mio tormentare” 

INVOCAZIONE 

Succurri Magdalena,

gionta m'è adosso pena!

Cristo figlio se mena,

como m’è annunziato

 

O Pilato, non fare

lo figlio mio tormentare,

ch’io te posso mostrare

como a torto è accusato.

 

 

E poi, con la struggente ingenuità di un animo semplice,  si rivolge alla folla inferocita, come se le sue accorate parole di mamma potessero essere ascoltate: “Priego che m’entendati, nel mio dolor pensati…”, mentre la folla, crudelmente sprezzante di fronte alla sua preghiera urla:   “Crucifige, crucifige!… De spine se coroni! ché rege s'è chiamato”

CRUCIFIGE! CRUCIFIGE!

Priego che m'entendàti, nel mio dolor pensàti; forse mo’ ve mutati
de quel ch'avete pensato

Nunzio: “Madonna, ecco la cruce, che la gente l'aduce, ove la vera luce dèi essere levato”

E la sua struggente invocazione, ingenua come quella di una bambina che si rivolge alla croce come fosse un essere umano: “O croce, que farai ? el figlio mio torrai ? e che ce aponerai ché non ha en sé peccato 

MARIA SI RIVOLGE ALLA CROCE CON INGENUITÀ

O croce, que farai ?

el figlio mio torrai ?

e che ce aponerai

ché non ha en sé peccato?

 

È la scrittura di una donna di 65 anni che stupisce per la sua freschezza, espressa anche dalle parole del testo. Ha attraversato grandi dolori: a 20 anni ha subito un’operazione al  cuore con pericolo di perdere la vita e divieto  dei medici di avere figli,   a rischio della sua vita.  Lei non ha dato ascolto e, per  amore del marito che desiderava un figlio, ha messo a repentaglio la sua stessa vita ed ha avuto una bambina. Il marito l'ha lasciata  sola, in povertà, quando la figlia aveva appena 2 anni per unirsi ad un’altra donna e lei ha dovuto sottoporsi a grandi fatiche per poter sopravvivere con la sua bambina. La scrittura, con le sue forme rotonde e infantili,  esprime  tutta l’ingenua affettività di un animo puro che, dopo tanto dolore, è riuscita mantenere quella semplicità d’animo che è quella dei forti (zona media elastica e strutturata, pressione spostata in zona media per “voler volere”).

Ed ecco l’evocazione della Madonna del figlio bambino: “O figlio, figlio, figlio ! figlio, amoroso giglio, figlio, chi dà consiglio al cor mio angustiato ? Figlio, occhi giocondi, figlio, co' non respondi ? figlio, perché t'ascondi dal petto o' se' lattato ? 

IL  FIGLIO BAMBINO

Figlio bianco e biondo, figlio, volto iocondo…

Lo sguardo della Vergine è il solo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino

(George Bernanos)

 

O figlio, figlio, figlio!

figlio, amoroso giglio,

figlio, chi dà consiglio

al cor mio angustiato?

Figlio, occhi giocondi,

figlio, co' non respondi ?

figlio, perché t'ascondi

dal petto o' se' lattato ?

 

 

MAMMA E NONNA – SCRITTURA PUERILE 

Ancora una scrittura che evoca la purezza di Maria. Si tratta di una donna di oltre 60 anni che si rivolge alla figlia e ai nipoti con una scrittura puerile, diversa dalla sua solita (più matura che non è possibile pubblicare per via di un testo riconoscibile), come se nel rivolgersi a loro tornasse bambina lei stessa (identificazione e regressione).

E’ da tenere presente che, da un punto di vista strettamente grafologico, per poter valutare l’intervento del meccanismo di difesa della regressione, sarebbe necessario poter confrontare vari documenti scaglionati nel tempo per verificarne i passaggi. 

 

IL CORAGGIO E LA FORZA D’ANIMO

LASCIATEMELO VEDERE!

Se glie tollete 'l vestire,

lassàtemel vedire

Come 'l crudel ferire

tutto l'ha 'nsanguinato.

La forza d’animo: donna nata nel 1880 – ha perso 2 figli nella guerra del 1915/18: uno di 19, l’altro di 28 anni

 

La scrittura di stile Sacré Coeur di altri tempi  è rigida, parallela, inframezzata da segni più addolciti e scossa da lievi fremiti severamente contenuti. È evidente la forza d’animo e il senso del dovere.

 

Questa donna ha sopportato stoicamente la disperazione della morte in guerra dei due figli, senza far mai trasparire il suo dolore. Come meccanismo di difesa possiamo presupporre elementi di formazione reattiva che in questo caso hanno trasformato l’angoscia e l’aggressività (visibile nell’angolosità e nelle finali acuminate) in atteggiamenti di estrema dignità.

 

 

Grafia presentata da Lorella Lorenzoni nel corso del suo intervento “Le Madri Coraggio – La forza del cuore” - Donna di anni 60 all’epoca della scrittura (nata nel 1930, grado d’istruzione scuola elementare). Madre di otto figli che, abbandonata dal marito, ha cresciuto da sola i suoi figli, lavorando giorno e notte. Non ha detto ai figli ormai adulti che aveva un tumore maligno alle ossa, per non preoccuparli e ha lasciato un testamento commovente “Lascio la casa a tutti voi miei figli e quando ne avrete bisogno ne usufruirete senza litigare sempre uniti come io vi ho insegnato, scusate non ho detto la mia malattia, ma se non sono la prima a dare l’esempio di forza come potrei trasmetterlo a voi che siete giovani?”

 

La grafia, di forma convenzionale dell’istintivo organizzato, traduce forza interiore attraverso l’intensità del tratto e la sicurezza del movimento (documento scritto quando stava già male), generosità (inclinata, ghirlanda) e forte senso del dovere (cadenza non priva di rigidità pur nella curvilineità del tratto) 

IDENTIFICAZIONE CON IL FIGLIO - IL SACRIFICIO MATERNO ESTREMO: VOGLIO MORIRE AL POSTO TUO 

Ed io comencio el corrotto. Figliolo, mio

deporto, figlio, chi me t'ha morto, figlio mio

delicato ?

Maria invoca su di sé le sofferenze

del figlio

Meglio averìen fatto che 'l cor m'avesser tratto,

che, nella croce tratto, starce descilïato.

 

I versi esprimono una identificazione con il figlio “meglio averien fatto che ‘l cor m’avesser tratto…figlio questo non dire voglio teco morire”.

 

IL SACRIFICIO 

 

Una madre che nel corso della vita ha devoluto tutte le sue sostanze al figlio, restando lei stessa in povertà, per salvarlo dalla rovina finanziaria. 

A 30 anni la scrittura è rigida e parallela: si poteva supporre che l’abnegazione dimostrata nel futuro potesse essere ascritta al senso del dovere e dell’onore della famiglia più che a vera e propria generosità dell’animo. 

Al fondo, segnata con una freccia, c’è la scrittura del figlio a sei anni 


A 70 anni la scrittura è trasformata: il suo cuore si è aperto al perdono 

La scrittura ha perso i suoi caratteri di rigidità e di ristrettezza, si è dischiusa in uno spazio arioso che accoglie, le forme si sono ammorbidite, arrotondate  e ingentilite. 

La madre ha perdonato il figlio, l’ha assistito amorevolmente per anni nel corso di una grave malattia e il figlio è morto tra le sue braccia. 

 

MARIA RIMPROVERA IL FIGLIO COME UNA QUALSIASI MADRE E SI RIBELLA ALLA SUA RICHIESTA : 

“FIGLIO, QUESTO NON DIRE…”

(Cristo)

Mamma, perché te lagni ?

voglio che tu remagni,

che serve i miei compagni

ch'al mondo agio

acquistato.

(Madonna)

Figlio, questo non dire, voglio teco

morire, non me voglio partire, fin

che mo’ m'esce il fiato. Ch'una

agiam sepultura, figlio de mamma scura,

trovarse en affrantura mate e figlio

affogato.

 

IDENTIFICAZIONE E SPOSTAMENTO DELL’AMORE

PER IL FIGLIO SU ALTRO FIGLIO 

(Cristo)

Mamma col core affetto,

entro a le man te metto

de Joanne, mio eletto

sia il tuo figlio appellato.

 

Joanne, esta mia mate

tollela en caritate

aggine pietate

ca lo core ha forato.

 

URLO DI DISPERAZIONE 

Figlio, l'alma t'è uscita,

figlio de la smarrita,

figlio de la sparita,

Figlio attossicato !

Figlio bianco e vermiglio,

figlio senza simiglio

figlio a chi m'appiglio?

figlio, pur m'hai lassato.

 

IDENTIFICAZIONE E SPOSTAMENTO

 

O Joanne, figlio novello,

mort’è lo tuo fratello,

sentito aggio 'l coltello

che fo profetizzato.
                                    (identificazione)

 

Che morto ha figlio e mate

de dura morte afferrate,

trovarse abracecate

mate e figlio a un cruciato

                                   (spostamento)

 

Tema di identificazione “sentito aggio ‘l coltello …che morto ha figlio e mate” e di spostamento “trovarse abbracecate mate e figlio (lei la Madonna e Giovanni) a un cruciato” (Gesù)

SUBLIMAZIONE: UNA MADRE CHE, DOPO LA MORTE

DEL FIGLIO MALATO, HA FONDATO UN ISTITUTO

PER BAMBINI CEREBROLESI 

 

La sublimazione del dolore di una madre che sposta l’amore per il proprio figlio

 sui figli di altre madri. 

La precedente è la scrittura di una mamma di un figlio malato e poi deceduto, che ha fondato un Istituto per bambini sofferenti di gravi handicap, verso i quali ha devoluto il suo amore di mamma. 

Se osserviamo la sua scrittura anche soltanto a grandi linee, non possiamo non notare, a conferma della sua capacità di dare amore, un ritmo di base elevato e una presa di possesso dello spazio di grande ariosità. 

Ed è proprio il ritmo di base, questo ritmo così difficile da trovare, fatto di fermezza e di elasticità insieme, a tradurre - come ha insegnato Roda Wieser – quel tipo di amore universale, l’agapé, che dovrebbe legarci a tutte le creature, non solo a quelle nate da noi.  

Amore sublimato, generoso, come quello che Gesù, morente sulla croce, ha insegnato a sua Madre quando le ha affidato Giovanni come suo nuovo figlio 

 

SUBLIMAZIONE 

Maria si abbandona al dolore   per la morte del figlio e dona il suo amore all’apostolo Giovanni accogliendolo come nuovo figlio in un processo di spostamento e sublimazione

 

                              O Joanne, figlio novello, mort’ è lo tuo fratello 

Chiudo la relazione con l’immagine di Madre Teresa di Calcutta, riprendendo le sublimi parole di Eugenio Borgna [2]:

“…Teresa di Calcutta, la cui esistenza è stata consegnata all’amore per gli altri, alle persone che amava con la struggente passione della speranza…”

e altre tratte da alcune lettere della stessa Madre Teresa:

“… non so cosa sia, ma spesso, addirittura ogni giorno, quell’amore dentro di me verso Dio diventa più reale…”


1 Gianni Colzani, Maria. Mistero di grazia e di fede, San Paolo, 1996.
2 Eugenio Borgna, La solitudine dell’anima – Ed. Campi del Sapere – Feltrinelli gennaio 2011



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