DEPRESSIONE, MESSAGGIO DELL’ANIMA
Come leggerlo nella scrittura?
di Angela Mele
seconda parte….segue dalla rivista n. 23
Le scritture seguenti appartengono ad una donna che ha attraversato una grave crisi depressiva, con ricovero in clinica, preceduto da un periodo di esaltazione dell’umore, durato complessivamente circa sei anni (dai 48 ai 54), età delicata e cruciale, soprattutto per la donna.
Scr.1
È la scrittura dell’adolescenza (intorno ai 20 anni) periodo in cui i conflitti sono esacerbati, mentre vengono attivati importanti meccanismi di difesa per controllare le pulsioni.
Notiamo un tema di idealizzazione (verticalità, grandi sopraelevazioni); gesti a ritroso (contestazione); spaziatura importante e razionalizzata. Il Movimento, che si proietta tra slanci, tensioni, irrigidimenti e morbidezze, non riesce ad essere veramente propulsivo (le finali non liberate sono spesso centripete; la verticalità blocca l’impulso verso destra; gli spazi sono eccessivi). La pressione (leggera, spostata) non indica un bagaglio energetico costante.
Gli “inanellamenti” in zona media, le ghirlande, le curve, la dimensione grande, la delicatezza della pressione ci parlano di una funzione Sentimento in lotta con una funzione Pensiero (scrittura verticale, spaziata, prolungata in alto).
L’Ideale dell’Io è molto elevato e l’ansia di non riuscire a corrispondervi è denunciata dalla spazialità importante e controllata (spazi tra le parole e interlineari); dalla rigidità generale in aperto contrasto con le ghirlande tipiche della funzione Sentimento, funzione peraltro sofferente (vedi lettere affettive fortemente ineguali e spesso accartocciate); dalla verticalità caparbiamente riconquistata, malgrado le sottili oscillazioni, dai prolungamenti in alto, dalla costrizione del ritmo vitale che non libera la sua piena potenzialità teso nello sforzo di controllo; tuttavia la forma è solida e strutturata, accompagnata da un tratto elastico, curvo, flessibile, sufficientemente netto ai bordi per non lasciarsi sommergere dalle impressioni, ma non privo di una delicata pastosità per lasciar filtrare le impressioni.
La scrittura, pur presentando delle problematiche, è comunque sostenuta da una struttura generale che "tiene".
Sono le controdominanti di questa scrittura: la forma strutturata e il tratto saldo ed elastico nello stesso tempo, che ci rassicurano su di un Io fondamentalmente sano, in grado di recuperare.
Ma - chiediamoci - cosa produrrà nel tempo questa forte richiesta da parte dell'Ideale dell'lo? Come si confronterà il soggetto di fronte alle inevitabili frustrazioni della vita?
"Fare per essere" è lo slogan che contraddistingue il carattere fallico: sarà soddisfatta la scrivente delle sue realizzazioni?
Scr. 2
Attorno ai 48 anni, lo sconforto, l'insoddisfazione di non avere saputo corrispondere al suo lo Ideale, si tramuta nel suo opposto: esaltazione, euforia, eccitazione, negazione del fallimento.
Nella scrittura vediamo i segni di questo stato: i gesti si affannano nell'ansia di possedere lo spazio, il movimento diventa concitato e convulso. Intervengono ricombinazioni enfatiche, che perdono il loro significato di pensiero associativo e denunciano piuttosto un vorticoso
affollamento d'idee tanto agitate quanto improduttive. L'aggressività si libera in modo incontrollato (vedi finali e accenti acuminati); irregolarità e discordanze si alternano, mentre il tratto si alleggerisce e si fragilizza, diventa evanescente, poroso ed iniettato di bianco, pur trascinando con sé alcuni detriti neri; le ghirlande si aprono e si affondano. La tenuta delle righe si può ben considerare la controdominante del grafismo (secondo il Saudek: il segno che, da solo, contraddice l'insieme): discendenti, oscillanti, concitate. La direzione è smarrita mentre il tratto non è più in grado, così affievolito, di reggere l'effervescenza del movimento.
L' insieme ci parla di esaltazione, di espansione incontrollata tipico dello stato euforico, ma sarà proprio la tenuta delle righe, aspirate verso il basso, a farci comprendere l'inganno di questo stato di apparente benessere che affonderà ben presto nella depressione.
Questa scrittura era in grado di anticipare la fase depressiva, che ne è seguita e che vediamo rappresentata nelle scritture seguenti:
Scr.3 – ritagli
Dopo circa sei mesi, depressione conclamata e ricovero in clinica. Il supporto illusorio è franato: sotto c'era la voragine.
La scrittura C.1 è stata prodotta sotto psicofarmaci: ciò può spiegare in parte i tremolii del tratto che sarebbero comunque stati presenti, seppure in modo meno evidente, anche senza l'influenza dei farmaci. Nei ritagli successivi leggiamo (e non soltanto dai testi, che non dovrebbero essere letti dal grafologo per non farsene influenzare) tutta la desolazione dello stato depressivo: i gesti si rattrappiscono, il movimento perde ogni vigore, il flusso è rallentato. Il tratto, sottilmente tremolante al suo interno, si è ulteriormente ammalato: porta spasmi, tremiti, ammaccamenti, deterioramenti, evanescenze e scorie. Onde di cadute continue nelle righe, parole e sillabe che sembrano invocare una risalita, ma che ricadono inesorabilmente, nello sforzo di ingaggiare una lotta corpo a corpo tra sforzo e sconfitta.
La lotta tra la volontà di risalita e l'annientamento è palpabile.
Abbiamo constatato i segni di sofferenza del grafismo. Ora è il momento in cui dovremo impiegare tutta la nostra competenza e sensibilità per cercare con la massima attenzione i segni che inducono speranza, che potranno parlare di recupero, di restauro, di sforzo e di volontà. Notiamo che :
Studio longitudinale su scrittura maschile dai 17 ai 41 anni
(di questo caso, e di quello che segue, data la delicatezza dell’argomento, per ragioni di privacy non possiamo mandare in rete la riproduzione delle scritture, che comunque vengono descritte)
Nella sua anamnnesi giocano alcuni elementi ereditari: il nonno materno e la madre hanno sofferto di forme depressive importanti. Ciò conferma la tesi sostenuta da molti studiosi sulla familiarità della depressione.
Scr.4 Scr. 5 e 6
In questi campioni lo scrivente ha, rispettivamente, 17 (D/1 ), 19 (D/2) e 21 (D/3 ) anni.
Le tre scritture sono molto diverse, a testimoniare un’ambivalenza e conflittualità estreme, la ricerca della propria identità e lo sforzo di adattamento continuamente rinnovato.
Tutte e tre le scritture sono immature: nella prima la vulnerabilità e l'esposizione sono eccessive (tema abbandonico: scrittura en surface, ghirlande dilatate, ondeggiamenti, mollezza generale, canali e buchi spaziali). Ipersensibile (lettere affettive ammaccate), conflittuale (tiraillée), immaturo (Forme fetali), il ragazzo non ha ancora sperimentato le sue difese.
Nella seconda scrittura queste diventano strenue: il ragazzo si chiude ermeticamente (sistematizzazione a catenaccio, movimento arrotolato narcisisticamente su se stesso), indietreggia (lettere addossate e rovesciate) per proteggersi. L 'immaturità è evidente, ma l' elaborazione è rifiutata mediante i comportamenti drastici tipici dell' adolescenza (nero o bianco - nessuna mediazione): prima il ragazzo era troppo esposto, adesso troppo difeso.
A ventun’ anni la scrittura (D 3) denuncia una grande ambivalenza tra atteggiamenti di apertura e chiusura (differenti andature). L 'identificazione è ancora precaria e il ragazzo risente dolorosamente i suoi conflitti (zona media ammaccata e ovalizzata, regressioni e progressioni, torsioni, rovesciamenti).
Ma in tutti i documenti si nota uno sforzo ostinato di coesione (legamenti assidui e strutturanti, direzione delle linee fondamentalmente stabile, con qualche onda di caduta soltanto).
Il tratto è spesso spasmodico nella sua conduzione, ma sano nella sua essenza (le riproduzioni lo rendono più evanescente che sugli originali).
L 'aggressività è frenata, tuttavia vi sono elementi reattivi importanti che si affacciano appena, ma che delineano un piglio non indifferente, (barre del 't' a colpo di frusta, alcune acuminazioni), in contrasto con lo stile un po' passivo della scrittura (rovesciamenti, zona media schiacciata, scarse sopraelevazioni).
Il quadro è sicuramente ansiogeno, denota un senso di angoscia e di ferita affettiva aperta.
Abbiamo visto nella prima parte della relazione che, quando una ferita narcisistica della prima infanzia non è rimarginata, si può supporre che avvenga una sua recrudescenza al riproporsi di una successiva ferita di ordine affettivo, una perdita, un abbandono che riattivino l' angoscia primaria.
E così è successo in questo caso: al primo abbandono sentimentale, si affaccia la depressione.
Scr.7
A 29 anni (D/4 ), il ragazzo sta malissimo: non si alza dal letto, trascura il lavoro, tenta una psicoanalisi presto abbandonata.
La scrittura non è molto diversa da quella dei 21 anni e non denuncia uno stato depressivo vero e proprio, ma piuttosto un tema di grande sofferenza (le lettere si addossano, ammaccandosi e schiacciandosi); vi sono forti disuguaglianze nella dimensione, l'inclinazione è molto variabile e contrastante, sono presenti scossoni (vedi "ed" penultima riga) ed irregolarità accentuate, le linee si fanno concave.
La firma (di cui riproduciamo solo l’iniziale) è l'indice più eloquente del testo: isolata, distante, persa nel bianco: il ragazzo non si sente integrato, il suo dolore è profondo.
Scr. 8 – 33 anni
Nell'intervallo tra la prima crisi depressiva (durata 7/8 mesi) e questa scrittura sono passati quattro anni: nel frattempo il ragazzo si è impegnato nel lavoro ed ha cercato di preservarsi emotivamente, consapevole della sua fragilità.
Come meccanismo difensivo ha attuato la negazione del sentimento (questa scrittura non ha infatti più nulla della funzione Sentimento che appariva nelle precedenti: si spoglia e diventa piccola, spaziata, prolungata in alto, mentre la zona media si schiaccia sempre di più).
Lo scritto si muove tra due tendenze opposte e laceranti: l' aspirazione verso un lo Ideale e il sentimento di svalorizzazione di sé. Troviamo infatti una notevole sproporzione tra la zona ideale (quella superiore) e quella emotiva-affettiva (zona media). L 'Ideale dell'Io e le forti ingiunzioni del Super- Io (zona media schiacciata e compressa, rigidità nel verticale, puntini delle 'i' bassi e incombenti sulla zona media) lo mettono a confronto con un senso d’ inferiorità molto sofferto e 1'Io, colpevolizzato, non può più sottrarsi all' espiazione della depressione.
Il ragazzo infatti ricade in depressione, 1'Io è fragilizzato (scrittura fortemente schiacciata): il mondo interiore rappresenta una minaccia e un pericolo (bianco dilagante). La distanza e l'isolamento sono sempre più evidenti (firma) esiliata dal testo, naufragante nel bianco).
Nell'esaminare queste scritture, per pronunciarsi su una prognosi più o meno favorevole, il grafologo dovrà prendere in esame tutti i segni di sofferenza del grafismo e, in seguito, tutti i segni di riscatto. Con una tale sensibilità, esacerbata e dolente, la depressione (data anche l'ereditarietà) era una passaggio obbligato, non appena il ragazzo fosse stato messo di fronte a qualche evento traumatico (in questo caso l’abbandono sia della sua ragazza sia dell’uomo che per tredici anni gli aveva fatto da padre, sostituto del padre naturale assente fin dai suoi primi anni).
Il ragazzo sta ancora male. Ha tentato alcune terapie psicanalitiche, ma le resistenze sono forti per il senso d’angoscia che queste riattivano.
Le crisi depressive, meno violente, si intervallano con periodi di remissione in cui il ragazzo, sebbene sempre molto esposto affettivamente, partecipa in modo attivo alla vita, impegnandosi nel lavoro. Ma un grave lutto familiare attraversa la sua vita e la sofferenza che ne deriva mina ancora una volta il suo equilibrio già precario.
scr. 9 - 37 anni
scr 10 – 38 anni
scr 11 - 38 anni e mezzo
Sempre più inquietanti le scritture. Assistiamo ad una vera battaglia interiore che si riflette attraverso i continui cambiamenti di andature, nelle oscillazioni esasperate, veri e propri duelli tra forze antagoniste. I gesti di fragilità (zona media sofferente, schiacciata, tormentata) e di resistenza (ghirlande angolose, gesti perentori di attacco, barre del t in triangolo, attaccamento strenuo alla linea di base malgrado il suo discendere) si mescolano, ma sembrano opporsi tra di loro invece di integrarsi. Vittimismo e ribellione, rese e rivalse, la traiettoria è estenuante nella sua oscillazione continua.
scr. 13 - 41 anni
Il documento è stato scritto poche ore prima di una crisi fortissima, crisi d’ansia caratterizzata da tremiti convulsi, che ha costretto il ricovero in pronto soccorso.
Rispetto alla scrittura precedente che, per quanto tormentata, tentava una rivincita nell’ingrandirsi della dimensione e nella ricerca di una maggiore stabilità sulla riga, in questo documento la sofferenza è lampante: la scrittura è diventata un filo teso e tormentato, che si schiaccia e si tende; il tratto è deteriorato: tutto parla di profonda sofferenza, in cui i sentimenti di colpa, di paura, di esclusione pervadono tutto lo scritto.
scr 14 - 41 anni e ½
A un mese di distanza dalla crisi fortissima d’angoscia, la scrittura – sempre sofferente – tenta ancora una ripresa: il filo da appiattito e disfatto che era, riacquista un po’ di struttura, la spaziatura prende respiro, il movimento si fa meno convulso, mentre le righe continuano a discendere come risucchiate da una spirale verso il basso. Non si può certo parlare di uscita dalla depressione, ma di una forma di chiamata a raccolta delle forze (legamenti assidui, gesto d’attacco ad uncino che fungono da appiglio, barre del “t” basse, tenaci, angolose) che fanno ben sperare. Quale il pronostico?
La scrittura è certamente inquietante, soprattutto per la sua conflittualità, le forti aspettative di un Ideale dell’Io esigente che appoggia però su un precario sentimento di autosvalutazione. Ma - chiediamoci - esistono segni favorevoli e restauratori di equilibrio? Innanzitutto la mobilità della scrittura che, in tutti i suoi passaggi e cambiamenti, non ha mai perso la sua intensità, non si è mai atrofizzata né devitalizzata, ma ha sempre cercato nuovi adattamenti, segnali di reazione coraggiosa, spesso di ribellione, di chi non si consegna al dolore, ma ingaggia una lotta rabbiosa per non soccombere; nella spazialità che riesce a mantenere il controllo del bianco in cui cerca una sua scansione e regolarità, (v. interlinee). Nel tratto che, sensibile e vibrante, non si è mai spento, ma - benché sofferente – non ha mai perso la sua tensione e mobilità. Nella tenuta delle righe che, pur nella discesa, si sono ostinatamente e costantemente ancorate alla linea di base. Nella resistenza del movimento che, scosso da soprassalti e contrastato dalle diverse andature, non ha mai abbandonato la coesione dei suoi legamenti.
L 'esame grafologico longitudinale ha illustrato l’iter di una crudele depressione come discesa nel profondo di un essere messo impietosamente a contatto con le sue ombre, i suoi fantasmi, i suoi terrori, ma anche messaggio di speranza che potrà rappresentare uno spartiacque tra le forze vitali ancora sconnesse e la loro armonizzazione verso una rinascita.
Studio longitudinale di donna dai 17 ai 34 anni
(anche di questo caso non possiamo mandare in rete la riproduzione delle scritture)
Il caso riguarda una donna in cura psichiatrica farmacologia e psicanalitica da anni. Le cure le consentono di essere attiva professionalmente, seppure a prezzo di un enorme sforzo.
Purtroppo, per ragioni di privacy, non possiamo mandare in rete le scritture- Possiamo comunque descriverle :
Scr. 15 (A-B-C)– 34 anni
Si tratta delle ultime scritture in nostro possesso.
Quello che colpisce immediatamente, soprattutto osservando gli originali, è la qualità del tratto: svuotato e friabile, con perdite di colore, secco e fragile, pronto a spezzarsi al minimo strattone, un elemento molto più significativo rispetto alla caduta della righe che, benché presente, non è così allarmante. Il tratto secco che contorna forme piuttosto rotonde denuncia quasi sempre un quadro nevrotico, nel senso che i bisogni affettivi, dati dalla rotondità delle forme, sono come imprigionati da strenue difese. Il ritmo è monotono, fisso, lo spazio soffocante. Non sono poi da sottovalutare alcuni gesti autolesionisti: la punteggiatura delle “i” che ricade sulla zona dell’Io, le spine inflitte alle lettera “f” (lettere comunemente intesa come simbologia del femminile).
Retrocediamo alle scritture dell’infanzia e dell’adolescenza .
scr. 16 – 11 anni
La bambina, ipersensibile, dimostrava una maturità eccessiva: le forme sono estremamente evolute, ma il tratto è spasmodico e lo spazio è opprimente, quasi un involucro all’esterno del quale si percepisce una minaccia. L’accentuata vulnerabilità emotiva fa sì che la bambina si chiuda in sé. Si può ipotizzare che incominci a sperimentare alcuni meccanismi di difesa, che verranno reiterati nel corso degli anni.
scr. 17- 16 anni
Consolida e fissa l'atteggiamento difensivo dell’infanzia; adotta un sistema di ritiro di energia all'interno di sé: non aprendosi, non dando libertà ai propri sentimenti, non rischia. Il soggetto ha già sperimentato – per alcune vicende del suo vissuto - che esporsi ai sentimenti significa soffrire.
Scr. 18
Poi, verso i 22 anni, c’è un momento felice nella sua vita, momento in cui ha assaporato sentimenti di gioia che sembrano aver provocato acuti sensi di colpa.
Lei stessa scrive che, in quel periodo, si sentiva ancora vibrare e che era felice, ma, nell'inconscio, si ribellava: ha deciso che non sentire più nulla, né gioia né dolore.
scr 19 – l’euforia
Nel periodo di euforia subito seguito, si assiste ad una espansione sregolata che non è difficile percepire nell’affastellamento dei gesti, nella perdita di direzione e nella confusione della spazialità. I rigidi meccanismi difensivi incominciano a cedere: si aprono falle nelle barriere. L'umore diventa instabile: si alternano cicli di esaltazione e di depressione.
E' questa una tappa molto importante e delicata. Il soggetto ha provato ad allentare le sue difese. negando a se stesso il suo stato depressivo e sostituendolo con uno stato liberatorio di esaltazione dell'umore. Purtroppo si è trattato di uno stato di benessere fittizio: non appena l’eccitazione decade, i sensi di colpa (quelli antichi, già sperimentati nel infanzia, ma anche quelli più recenti, collegati al periodo in cui godeva di un "immeritato" stato di gioia} diventano ancora più aspri e si preannuncia la caduta nella depressione.
scr.20
Il passaggio tra le precedenti scritture e questa, scritta a pochi mesi di distanza, è molto significativo. Il soggetto sperimenta lucidamente che sta male. Scossa violentemente dalla sua stessa sensibilità che la espone a vibrazioni troppo dolorose, ritorna alle sue antiche modalità, già adottate nell'infanzia; costruirsi delle sbarre interiori, inaridire le emozioni, provare a "non sentire" per proteggersi dalle sofferenze.
E' un momento cruciale: la razionalità dirige e impone difese e corazze; in questo modo le emozioni incominciano pian piano a raggelarsi.
Grande angoscia, grande dolore morale. L'aggressività verso l'esterno è bloccata e si dirige verso il soggetto, in un processo di autodistruttività. Sono presenti ancora della vibrazioni, ma la scrittura preannuncia un crollo.
Stato depressivo conclamato. I meccanismi di difesa non proteggono più: il vuoto che stava sotto all'impalcatura si apre. La scrivente è invasa dal dolore ma, in un tentativo di difesa, imprigiona tutto il suo essere in una morsa: lo stato di angoscia si fissa, la scrivente dice di sé di sentirsi “pietrificata”.
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Anche se è imprudente trarre da questo studio conclusioni grafologiche tassative, si può tuttavia mettere in luce quanto sia indispensabile che il grafologo, per pronunciarsi anche solo minimamente su un caso di depressione, non basi il suo studio soltanto sui documenti scritti in fase depressiva, ma compia un meticoloso studio longitudinale che contempli sia le scritture scritte in stato premorboso, sia quelle (più di una) scritte durante le crisi depressive.
Lo studio longitudinale delle scritture dei casi presentati (di cui è stato possibile avere un feed-back clinico) ha dimostrato che:
CONCLUSIONI
La cronaca e la vita ci portano spesso episodi di casi depressivi conclusisi tragicamente, mentre si tace, poiché non fanno notizia, su quei casi in cui il passaggio attraverso il buio della depressione ha permesso di rischiarare l’Ombra, traghettando l’essere verso la luce, verso la conquista del proprio Sé e dando come ricompensa a tanto dolore la rinascita.
Nessuna parola di conforto e di speranza, da rivolgere ai depressi e ai loro familiari che soffrono insieme a loro, può essere più luminosa e vera di quella che ci ha lasciato C.G. Jung
“....non dobbiamo cercare di liberarci di una nevrosi, ma piuttosto fare esperienza di quello che significa per noi e di quello che ci insegna. Dobbiamo addirittura imparare ad esserle riconoscenti. Senza di lei avremmo potuto perdere l’occasione di apprendere chi siamo in realtà: non siamo noi a guarirla, è lei che ci guarisce”